Le donne e la ricerca dell’identità

Dall’inizio della mia carriera, circa quindici anni fa, ho notato che la partecipazione nei percorsi di auto-ascolto e di consapevolezza, per lo più era da parte  di presenze femminili. Con estremo piacere sto notando  che questo ,pian piano, sta cambiando, e che l’eco dell’energia maschile sta ritornando negli uomini, con la funzione di farli reintegrare alla loro divina natura.

Perché la  maggior parte delle donne ha questo spiccato desiderio di amorevolezza nei propri confronti e di apertura, e non teme il mettersi in gioco e di mostrare le sue vulnerabilità o le sue virtù? E specialmente perché lo fa? Partecipare a percorsi di crescita personale, e mettersi in discussione, non è semplice e non è per tutti. Invece la donna è più caparbia, dalla sua profondità  insorge un bisogno estremo di essere felice e di poter credere in se stessa, nonostante tutto.

Il “nonostante tutto” cela storie vere, reali di abbandoni, o ancora di svalutazione e limiti di loro stesse, o ancora di violazione dei loro sentimenti. “Nonostante tutto” è un libro carico di sofferenze dubbi, insicurezze e gabbie che sono pronte e rivedere, a risentire dentro di loro, per un’ultima volta, esorcizzando tutto ciò che ancora graffia la loro liberazione interiore.

Per esigenza e richiesta della natura siamo obbligate, noi donne, ad esprimere il nostro dolore partorendo la vita. E nelle urla di questo dolore mostriamo all’esistenza cosa possa significare vivere, essendo in grado di partorire addirittura noi stesse una seconda volta e forse anche altre volte successive. Sappiamo cosa sia il dolore, questa informazione è ben intrinseca dentro le nostre cellule. Così per rinascere, per trasformarci, per essere chi siamo, sfogliando capitoli e capitoli di noi, della nostra storia, sappiamo che ci vuole tempo, dedizione, cura, forza e costanza, per concretizzare il nostro pensiero, per imparare ad amarci, e per imparare a riconoscere la nostra parte genuina e autentica.

La parte autentica rappresenta esattamente quello che siamo, senza sovrastrutture caratteriali imposte e costruite, è il nucleo di noi, dove c’è quello che ci piace, i nostri sogni, dove ci sono i nostri pregi e i nostri difetti senza onta di giudizio, dove non abbiamo paura di noi stesse, e ci amiamo con semplicità esattamente per quello che siamo, smettendo di non sentirci mai all’altezza, smettendo di sentirci in colpa. Ed è proprio qui che scrolliamo le pretese e che bastiamo a noi stesse, estremamente grate per quello che abbiamo e specialmente per quello che siamo.

Il ruolo del femminile nella vita è quello di favorire, climatizzare la direzione che solo il maschile può attuare, ed è esattamente questo il suo ruolo.

Perso questo ruolo che risponde ad un ordine dell’amore, la donna si è trovata impreparata e mal orientata,  acquisendo, per necessità, man mano ancora più forza di prima: la consapevolezza di essere innanzi tutto un essere umano, con il potenziale del femminile e di tutte le sue qualità.

I movimenti sociali ed anche religiosi hanno spesso oscillato a fenomeni di maschilismo, di prepotenza, obbligo e controllo sulla donna. Questo ha creato un movimento di opposizione e di riscatto con altrettante stigmate femministe nei pensieri reconditi di ogni donna. Cercando l’evoluzione, e l’essere comprese, si è verificato un bel caos di ruoli sessuali, di ruoli biologici generando disistime, svalutazioni, crisi personali profonde, incompetenze relazionali e genitoriali da entrambe le parti, sia da quella maschile che da quella femminile.

Le mentalità, i sistemi familiari ancorati e fedeli alla loro origini nel passato, i pochi strumenti a disposizione che le persone avevano, per rivendicare i diritti di essere amate, accettate e riconosciute per quello che erano, ha dato forma ad un’epoca di padri assenti, mariti schiavi di chiusure emotive e mogli che pretendevano ciò che non poteva essere dato a loro. Quante volte le donne hanno dovuto fare anche da padri ai loro figli?

La stanchezza di non sopportare più questi pesi incessanti, ha portato la donna ad un’emancipazione straordinaria, e nella sua struttura elastica e di adattabilità, ha voluto confermare la sua indipendenza, specialmente attraverso una forma di auto-mantenimento economico, perdendo la fiducia nel maschile, dal quale proveniva e dalla quale per anni ha chiesto e ha reclamato ciò che in termini emotivi ed anche materiali non poteva avere, anche se era un diritto di un tacito, scontato accordo per sentirsi garantite.

Questa spiccata audacia nell’essere autonoma ( senza uomo) ha creato una fragilità nella mentalità del maschio e nel suo vigore biologico. La crisi continua se non si mette ordine.

Davvero la donna ci sta riprovando con tutte le sue forze, con le sue riflessioni, con le sue interrogazioni, ad affidarsi ad un maschile sano che la comprenda, un maschile forte che sa dare delle regole, che sa tenere in mano il timone della nave dove lei deciderà di salire?

Questo è ancora un suo desiderio, visti i repentini cambiamenti che ha attuato?

E’ probabile che il bisogno oggi giorno non ci sia più e che si stia trasformando con il piacere edificante di essere accompagnata ed accompagnare un’altra persona. Magari amandosi l’un l’altra, magari camminando nello stesso sentiero, senza vincoli, senza esigenze, ma con un intimo e confidenziale ““Io amo te” “ Io scelgo te” “Io ti sento nel mio cuore” “Voglio la tua felicità” “ Ti sosterrò nella realizzazione dei tuoi progetti e sogni”

Allora,  è possibile che ci sia una rivoluzione ancora in atto, che sta scavando per trovare il vero concetto dell’amore? La rivoluzione non porta equilibrio nell’immediatezza. Si deve avere pazienza.

La donna sta  ancora cercando di capire se stessa, e prova una stanchezza atavica nel giustificare l’uomo che non cammina con lei e che si nasconde  dalle sue responsabilità di essere umano. Ma sto apprezzando che lei, ancora, sta rintracciando la sua identità di Dea nell’autenticità, e si sta preparando per ulteriori sforzi: allungare la mano ad un maschile che sta fiorendo con lentezza secondo un nuovo timido ascolto di sé. La donna potrebbe invitare l’uomo ad  immergersi in quello che rappresenta l’autenticità individuale. Allora così non si ruberebbero incarichi, vi sarebbero inviti e restituzioni di destini. Ecco che la coscienza e il divenire illuminati prevedono un atto di comprensioni di ruoli e specialmente di auto-riconoscimento individuale del proprio potenziale.

Nei miei percorsi ci sono pochi uomini, questo è vero, ma come dico sempre, l’apertura che loro hanno è dettata da una sensibilità palpabile nelle loro lacrime, nella loro voce innocente e rotta quando parlano di sé, e nel tentare di riprendersi il loro posto. Tutto questo è esemplare poiché richiede molto sforzo interiore. Il loro posto è quello di un re umile, saggio, forte, determinato, audace, fiducioso, che sceglie e mantiene la rotta e che lascia spazio accanto a sé, alla sua regina: accogliente, matura, nutriente, che si sa affidare, e che si trova d’accordo con il suo re.

Ecco la competenza relazionale avviene quando entrambi sono d’accordo, ed entrambi rispettano questo accordo che li vede muovere nello stesso sentiero. Questa competenza farà sbocciare la disposizione di un sociale nuovo, di un’identità sana di un io di coppia, che come una colorata spirale di energia, può far brillare il maschile ed il femminile all’unisono, finalmente insieme, finalmente accanto senza guerre, senza pretese, senza limiti, senza sbalzi, senza giudizi,  senza ferite, come in una danza sacra da dove ogni essere umano ha origine.

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